Il Tar Campania ha respinto – tramite sentenza – il ricorso presentato da una società contro il Comune di Vallo della Lucania (SA) in cui si chiedeva l’annullamento del Regolamento Comunale per la disciplina delle sale giochi e dei giochi leciti approvato con Deliberazione di C.C. n. 4 del 24.02.2018, pubblicato sull’Albo Pretorio dal 12.3.2018 al 27.03.2018.
In particolare, le censure hanno investito l’art. 20 riguardante la disciplina degli orari di funzionamento degli apparecchi, fissando precisamente il predetto orario dalle 14.00 alle 20.00 di tutti i giorni, festivi compresi.
Dopo aver rimarcato il grave pregiudizio per gli interessi pubblici e privati che, a loro avviso, deriverebbe dall’impugnato regolamento comunale, le ricorrenti hanno diffusamente allegato quanto di seguito riportato.
“L’illegittimità dell’impugnata disciplina regolamentare emergerebbe innanzitutto sotto il profilo del difetto istruttorio e della violazione della principio di proporzionalità. In particolare: (a) il difetto di istruttoria risulterebbe dalla mancata rilevazione di qualsiasi riscontro istruttorio in ordine al carattere emergenziale e diffusivo della ludopatia, così da essere ingiustificata l’adozione del provvedimento; la misura restrittiva attuata non sarebbe perciò sorretta da precisi studi scientifici relativi all’ambito territoriale di riferimento, contrariamente a quanto richiesto da un consolidato orientamento giurisprudenziale; l’Amministrazione non avrebbe dimostrato, tra l’altro, l’adeguatezza della misura adottata e non avrebbe svolto neppure alcuna istruttoria per comprovare che la diffusione della ludopatia fosse legata al gioco legale; (b) il difetto di proporzionalità della misura sarebbe evidenziato dalla circostanza che la limitazione a sei ore dell’orario di funzionamento degli apparecchi comporterebbe una riduzione dell’orario di oltre il cinquanta per cento, con gravi effetti sulle imprese e sui livelli occupazionali da esse garantiti”.
Per il Tar: “Il ricorso è infondato. È opportuna una premessa: il Comune di Vallo della Lucania ha adottato il regolamento impugnato in attuazione della l. reg. Campania n. 16/2014 che rimette ai Comuni la concorrente adozione di misure volte a limitare la diffusione delle ludopatie.
Si situa a livello legislativo, pertanto, la scelta discrezionale di tutelare la salute pubblica – nella quale, come si avrà modo di chiarire, rientra il contrasto al fenomeno della ludopatia – mediante limitazioni anche temporali all’utilizzo degli apparecchi da gioco VLT.
Inoltre, con riguardo al potere dell’amministrazione comunale di disciplinare anche l’aspetto relativo agli orari di apertura delle sale da gioco, si rammenta che il Consiglio di Stato, con la sentenza 10 febbraio 2016, n. 579 – nel ricondursi alla sentenza della Corte costituzionale 25 luglio 2014 n. 224 nonché all’orientamento di consolidata giurisprudenza amministrativa – ha chiarito che “l’esercizio del potere di pianificazione non può essere inteso solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, bensì deve essere ricostruito come intervento degli enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo e armonico del medesimo, che tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenza di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti”.
Si rileva, in proposito, che proprio la Corte Costituzionale -con sentenza 18 luglio 2014, n. 220- ha valutato compatibile con i principi di cui agli artt. 32 e 118 della Costituzione l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa in merito all’interpretazione dell’art. 50, comma 7, TUEL.
In questo senso, la disposizione fornisce un fondamento legislativo al potere sindacale di disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco, per rispondere ad esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, della circolazione stradale.
Da ciò consegue che le limitazioni orarie all’attività degli esercizi commerciali – e segnatamente delle sale da gioco e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco – si giustificano, in conformità ai principi costituzionali in tema di salute pubblica e della normativa comunitaria sulla libertà dell’iniziativa economica, con la necessità di prevenire il fenomeno della ludopatia, in particolare tra le fasce più deboli della popolazione.
La normativa in materia di gioco d’azzardo, con riguardo alle conseguenze sociali dell’offerta dei giochi su fasce di consumatori psicologicamente più deboli, nonché dell’impatto sul territorio dell’afflusso ai giochi degli utenti, non è circoscrivibile alla competenza statale esclusiva in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all’art. 117 comma 2 lett. h), Cost., bensì più propriamente alla tutela del benessere psico-fisico dei soggetti maggiormente vulnerabili e della quiete pubblica.
Questo ambito di tutela dell’interesse pubblico rientra nelle attribuzioni del comune, ai sensi degli artt. 3 e 5 TUEL.
In conclusione, la disciplina degli orari delle sale da gioco è volta a tutelare in via primaria, più che l’ordine pubblico, la salute ed il benessere psichico e socio economico dei cittadini, la tutela dei quali è compresa nelle attribuzioni proprie del Comune.
2.2.- Tanto premesso in ordine al fondamento del potere esercitato dalla civica amministrazione con le contestate previsioni regolamentari, le ricorrenti hanno innanzitutto censurato tali previsioni sotto il profilo dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria e corrispondente carenza motivazionale, stante l’inadeguatezza dell’’incidenza del fenomeno della ludopatia sul territorio comunale.
Nell’attuale momento storico, la diffusione del fenomeno della ludopatia in ampie fasce della popolazione costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza, come attestano le numerose iniziative di contrasto assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale.
Possono richiamarsi, in sintesi: la raccomandazione 2014/478/UE del 14 luglio 2014, sui principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo on line; il decreto legge n. 158 del 2010, che ha introdotto numerose misure di contrasto al gioco d’azzardo on line e off line; l’art. 14 della legge n. 23 del 2014, recante la delega al Governo per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici volta a prevedere disposizioni per la tutela dei minori e per contrastare il gioco d’azzardo patologico; la legge n. 190 del 2014, che ha trasferito presso il Ministero della Salute l’Osservatorio per valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo ed il fenomeno della dipendenza grave; le numerose leggi regionali, inclusa la legge regionale piemontese n. 9 del 2016, che demandano agli enti locali l’adozione di misure di prevenzione, contrasto e riduzione del rischio della dipendenza da gioco d’azzardo patologico.
Nella specie, il verbale dei lavori consiliari della seduta in cui è stato approvato il contestato regolamento ha evidenziato la crescita del fenomeno della ludopatia a livello locale, dovendosi comunque ritenere verosimile che il numero reale delle persone affette da ludopatia sia maggiore, poiché una parte significativa del fenomeno resta sommerso (cosiddetta “cifra oscura”), in quanto molti soggetti ludopatici non si rivolgono alle strutture sanitarie e ai servizi sociali.
Il Regolamento impugnato, in disparte ogni considerazione in ordine alla sua natura di atto normativo, è adeguatamente motivato con riferimento all’esigenza di tutela della salute pubblica e del benessere individuale e collettivo.
2.3.- Parimenti infondato è il motivo con cui si contestano le impugnate previsioni regolamentari limitative dell’orario di funzionamento delle apparecchiature di gioco, in quanto confliggenti con il principio di proporzionalità.
Premessi i criteri in base ai quali deve svolgersi la verifica di proporzionalità del provvedimento amministrativo, vale a dire l’idoneità, la necessarietà e l’adeguatezza della misura prescelta, la disciplina comunale limitativa degli orari di funzionamento degli apparecchi appare adeguata e proporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti, individuati nella prevenzione, nel contrasto e nella riduzione del gioco d’azzardo patologico.
L’amministrazione comunale, invero, con la limitazione degli orari, ha operato un ragionevole contemperamento tra gli interessi economici degli imprenditori del settore e l’interesse pubblico a prevenire fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo.
La giurisprudenza amministrativa ha da tempo precisato che il principio di proporzionalità impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto sia opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2017, n. 746; sez. V, 23 dicembre 2016, n. 5443; sez. IV, 22 giugno 2016, n. 2753; sez. IV, 3 novembre 2015, n. 4999; sez. IV 26 febbraio 2015, n. 964).
Definito lo scopo avuto di mira, il principio di proporzionalità è rispettato se la scelta concreta dell’amministrazione è in potenza capace di conseguire l’obiettivo (idoneità del mezzo) e rappresenta il minor sacrificio possibile per gli interessi privati attinti (stretta necessità), tale, comunque, da poter essere sostenuto dal destinatario (adeguatezza).
La limitazione oraria mira a contrastare il fenomeno della ludopatia inteso come disturbo psichico che spinge l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano della vita familiare e professionale, oltre che con innegabile dispersione del patrimonio personale.
Al tal fine, il Comune di Vallo della Lucania ha limitato gli orari dei pubblici esercizi in cui si svolgono attività di gioco o scommessa e gli orari di funzionamento degli apparecchi di gioco.
La scelta del Comune è proporzionata poiché in potenza capace di conseguire l’obiettivo: mediante la riduzione degli orari è ridotta l’offerta di gioco.
La considerazione esposta ha trovato l’avallo della Corte costituzionale che, con la sentenza 18 luglio 2014, n. 220, ha riconosciuto nella riduzione degli orari delle sale da gioco una legittima misura di contrasto alla ludopatia.
Affrontando la questione della legittimità costituzionale dell’art. 50, comma 7, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 167, nella parte in cui non prevede che i poteri di coordinamento e riorganizzazione degli orari degli esercizi commerciali possano essere esercitati con finalità di contrasto del fenomeno del gioco di azzardo patologico (g.a.p.), la Corte ha chiarito che: “…il giudice a quo omette di considerare che l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa, sia di legittimità, sia di merito, ha elaborato un’interpretazione dell’art. 50, comma 7, del D.Lgs. n. 267 del 2000, compatibile con i principi costituzionali evocati, nel senso di ritenere che la stessa disposizione censurata fornisca un fondamento legislativo al potere sindacale in questione. In particolare, è stato riconosciuto che – in forza della generale previsione dell’art. 50, comma 7, del D.Lgs. n. 267 del 2000 – il sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale.”.
2.4.- Rispondendo la lotta alla ludopatia a finalità di tutela della salute non è più dubitabile, alla luce delle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale, che la riduzione degli orari delle sale gioco sia strumento idoneo a contrastare il fenomeno della ludopatia; quel che resta da considerare è, per ciascuna misura, la sua incidenza sugli interessi privati coinvolti.
Il regolamento del Comune resistente limita l’orario di funzionamento degli apparecchi ad sei ore, concentrate nel periodo pomeridiano.
Ritiene il Collegio che la limitazione oraria stabilita sia proporzionata perché comporta il minor sacrificio possibile per l’interesse dei privati gestori delle sale da gioco in relazione all’interesse pubblico perseguito: resta consentita l’apertura al pubblico dell’esercizio che potrà, dunque, continuare a svolgere la sua funzione ricreativa (con eventuale vendita di alimenti, snack, bevande), mentre sono limitati i tempi di funzionamento degli apparecchi prevalentemente nel periodo mattutino.
La ragione è comprensibile: si inducono i soggetti maggiormente a rischio ad indirizzare l’inizio della giornata verso altri interessi, lavorativi, culturali, di attività fisica, distogliendo l’attenzione dal gioco.
Si tratta, infine, di misura adeguata perché, pur comportando, certamente, una riduzione dei ricavi, e, in questo senso, un costo per i privati, può essere efficacemente sostenuta mediante una diversa organizzazione dell’attività di impresa.
Misure analoghe, sia pure adottate con strumenti diversi, sono state considerate legittime dalla giurisprudenza amministrativa (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 27 novembre 2018, n. 6714; V, 6 settembre 2018, n. 5237; 8 agosto 2018, n. 4867; V, 23 luglio 2018, n. 4439; V, 11 luglio 2018, n. 4224; V 13 giugno 2016, n. 2519; sez. V, 28 marzo 2018, n. 1933; V 22 ottobre 2015, n. 4861; sez. V, 20 ottobre 2015, n. 4794; sez. V, 30 giugno 2014, n. 3271).
Tanto premesso, l’impugnata disciplina che consente il funzionamento di tutti gli apparecchi di intrattenimento e svago con vincita in denaro, di cui all’art. 110, c. 6 del TULPS, ovunque installati, per un massimo di sei ore giornaliere (nella fascia oraria dalle ore 14.00 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i giorni festivi), come affermato più volte dalla giurisprudenza in materia (che si è tra l’altro pronunciata anche sugli orari di chiusura delle sale gioco mentre con l’ordinanza in questione il Comune ha specificamente limitato l’uso degli apparecchi di gioco di cui all’art. 110, c. 6 del TULPS, ovunque installati, per cui, al di là dello spegnimento dei suddetti apparecchi di gioco, le sale gioco potrebbero comunque organizzare diversamente le loro attività), è da considerare rispettosa del principio di proporzionalità rispetto agli obiettivi perseguiti (prevenzione, contrasto e riduzione del gioco d’azzardo patologico), realizzando un ragionevole contemperamento degli interessi economici degli imprenditori del settore con l’interesse pubblico a prevenire e contrastare fenomeni di patologia sociale connessi al gioco compulsivo.
Non è revocabile in dubbio che un’illimitata o incontrollata possibilità di accesso al gioco accresce il rischio di diffusione di fenomeni di dipendenza, con conseguenze pregiudizievoli sia sulla vita personale e familiare dei cittadini, che a carico del servizio sanitario e dei servizi sociali, chiamati a contrastare patologie e situazioni di disagio connesse alle ludopatie (sulla legittimità di ordinanze o regolamenti comunali che hanno limitato a otto ore giornaliere l’apertura delle sale scommesse o da gioco e la funzionalità degli apparecchi per il gioco installati, si veda da ultimo C.d.S., sent. n. 4509 del 2019) hanno già ritenuto che il contenimento dell’orario di apertura di una sala giochi entro il limite di 6 ore giornaliere, come nel caso di specie, sia “rispettoso in concreto del principio di proporzionalità, in funzione del quale i diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solo nella misura in cui ciò risulti indispensabile per proteggere gli interessi pubblici, e per il tempo necessario e commisurato al raggiungimento dello scopo prefissato dalla legge” (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 964).
Inoltre, l’idoneità dell’atto impugnato a realizzare l’obiettivo perseguito deve essere apprezzata tenendo presente che scopo della disciplina impugnata non è quello di eliminare ogni forma di dipendenza patologica dal gioco (anche quelle generate da altre tipologie di giochi leciti e anche on line) – obiettivo che travalicherebbe la sfera di attribuzioni del Comune (Tar Veneto, sent. n. 114 del 2016) – ma solo quello di prevenire, contrastare e ridurre il rischio di dipendenza patologica da gioco, derivante dall’utilizzo di apparecchiature per il gioco lecito, di cui all’art. 110, c. 6 del TULPS, ovunque installate sul territorio comunale.
In conclusione, malgrado la riduzione degli orari di funzionamento delle apparecchiature di gioco, di cui all’art. 110, c. 6 del TULPS, sia solo uno degli strumenti attivabili a livello locale per contrastare le ludopatie – affiancandosi ad altre misure, anche di carattere sociale e sanitario nonché di educazione e prevenzione, che le autorità pubbliche, di volta in volta competenti, possono attivare per combattere il fenomeno – ciò nondimeno trattasi di misura cui non può essere disconosciuta “adeguatezza ovvero idoneità allo scopo”, incidendo sull’offerta del gioco d’azzardo, limitandone la fruibilità sul piano temporale, mediante uno strumento che pone, al fine, le condizioni per una sua riduzione” (cfr., tra le altre, C.d.S., sent. 3382 del 2018, secondo cui “…La limitazione oraria mira a contrastare il fenomeno della ludopatia inteso come disturbo psichico che spinge l’individuo a concentrare ogni suo interesse sul gioco, in maniera ossessiva e compulsiva, con ovvie ricadute sul piano della vita familiare e professionale, oltre che con innegabile dispersione del patrimonio personale…omissis…La scelta del Comune è proporzionata, in primo luogo, poiché in potenza capace di conseguire l’obiettivo: mediante la riduzione degli orari è ridotta l’offerta di gioco; l’argomento addotto dall’appellante secondo cui i soggetti affetti da ludopatia si indirizzerebbero verso altre forme di gioco – definite più subdole, rischiose o incontrollabili – prova troppo poiché dimostra che comunque è opportuno limitare già una delle possibili forme di gioco… omissis…Rispondendo la lotta alla ludopatia a finalità di tutela della salute non è più dubitabile, alla luce delle indicazioni fornite dalla Corte costituzionale, che la riduzione degli orari delle sale gioco sia strumento idoneo a contrastare il fenomeno della ludopatia…”; C.d.S., sent. n. 2519 del 2016, che evidenzia che l’obiettivo da raggiungere “è quello del disincentivo piuttosto che quello della eliminazione del fenomeno che viene affrontato, la cui complessità non è revocabile in dubbio, e per il quale non esistono soluzioni di sicuro effetto…”; cfr. anche Tar Milano, sentt. n. 716 del 2019 e 1669 del 2018; Tar Veneto, sentt. n. 620 del 2019 e n. 417 del 2018).
In definitiva, per quanto sopra esposto, il ricorso deve essere respinto.
3.- Le spese di lite, stante la complessità delle tematiche dibattute ed il carattere ondivago della giurisprudenza di merito inizialmente formatasi sul punto, devono essere interamente compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate”.