- FONTE GIOCONEWS
- Scritto da Rf
Sul dopo Di Maio (forse), ecco i possibili scenari che si aprono per la corsa alla leadership del Movimento 5 Stelle e, di conseguenza, per il settore del gioco.
Se appena una settimana fa l’ormai ex leader del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, si è dimesso da capo politico, oggi si parla già di corsa al suo successore. Forse.Non è infatti detto che a capo del Movimento pentastellato, che sulla base dei risultati ottenuti nelle ultime elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria sembra non godere di buona salute, non possa ripresentarsi lo stesso Di Maio e, con lui, anche la crociata sui giochi che ha capeggiato fin dalle ultime elezioni politiche e anche nella passata legislatura. C’è forse da ricordare il decreto Dignità, da Di Maio fortemente voluto, che ha portato al divieto assoluto di pubblicità del gioco con vincita in denaro? Decreto che peraltro è servito da “esempio” a regolamentazioni analoghe anche da parte di altri Paesi, che però mai si sono spinti, come invece è (purtroppo) accaduto, nel Bel Paese, al divieto assoluto? A correre per la leadership, però, non è solo Di Maio. I suoi ipotetici successori sembrano tanti, almeno in dieci lottano per prendere le redini del Movimento o forse portare avanti l’eredità lasciata da Di Maio. Vito Crimi (il più probabile), Roberto Fico, Paola Taverna, Alessandro Di Battista, Stefano Buffagni, Roberta Lombardi, Stefano Patuanelli, Nicola Morra, Chiara Appendino. Tutti con un passato (e un presente) da nemici del gioco pubblico, ma del resto non è una novità visto che il M5S è da sempre tra le formazioni politiche che più si sono mostrate ostili al settore. La lotta al comparto del gioco più che al gioco patologico, oltre al portabandiera Di Maio è stata portata avanti da Vito Crimi, attuale vice ministro dell’Interno e tra i primi sostenitori del decreto Dignità che vieta la pubblicità dei giochi sui mass media. L’attuale presidente della Camera dei deputati Roberto Fico (M5S) in passato ha portato avanti battaglie contro la pubblicità sul gioco all’interno dei programmi del servizio pubblico della Rai. Sempre a sostegno del decreto Dignità e del divieto assoluto di pubblicità sul gioco, la vice presidente del Senato, Paola Taverna non ha mai perso occasione di schierarsi contro il gioco che “va contro a un’economia sana e produttiva ed è un affare per le mafie“. Per quanto riguarda Alessandro Di Battista, forse è stato tra i primi a dichiararsi contrario al mondo del gioco con vincita in denaro e a tutta l’industria, al punto di “accusare” la stampa di sostenere il leader leghista Matteo Salvini nella speranza della reintroduzione della possibilità di pubblicizzarlo. Anche Nicola Morra, senatore del Movimento 5 Stelle e presidente della Commissione parlamentare antimafia si è occupato di gioco: da ricordare che nell’ambito della Commissione esiste un comitato dedicato al legame tra criminalità e gioco: nella passata legislatura era coordinato dal senatore del Pd Stefano Vaccari, in quella attuale dal collega a Palazzo Madama del M5S Giovanni Endrizzi. In particolare, poco dopo la sua nomina a presidente dell’Antimafia, Morra aveva proposto di istituire un comitato apposito sul gioco online: successivamente le competenze dello stesso sono state però estese anche a quello fisico. Tra i “papabili” alla guida del Movimento anche la sindaca di Torino ChiaraAppendino la quale ha manifestato il suo sostegno agli ordini del giorno per “la difesa della legge regionale sul gioco” presentati al consiglio comunale del 9 dicembre scorso e approvati con 25 voti favorevoli e un voto contrario. UN MOVIMENTO INDEBOLITO – Se gli scenari, qualsiasi sarà la nuova leadership del Movimento, non appaiono mai favorevoli per il settore del gioco, che peraltro attende quel Riordino dell’offerta a livello nazionale che vede contrari alcuni esponenti pentastellati, c’è però da dire che la forza del M5S sembra essere minore rispetto al passato e che gli equilibri attuali sembrano più a favore dell’altro potente alleato di Governo, il Pd. Dopo il banco di prova delle elezioni regionali in Emilia Romagna e in Calabria, il Movimento Cinque Stelle, a livello regionale ha avuto un crollo e la situazione che vive a livello locale è in netto contrasto con il dato nazionale e diventa ancora più evidente come la composizione della maggioranza in Parlamento, più che al Governo sia sproporzionata e non (più) rappresentativa della volontà popolare a causa dell’ormai sovrastimata presenza pentastellata. In tema di gioco, una volta che Di Maio lascerà campo libero o tornerà alla guida, si può pensare a un ridimensionamento delle politiche “anti-gioco” condotte dal Movimento e sbandierate ripetutamente ai quattro venti come chissà quale risultato. Dopo l’avvento del Movimento 5 Stelle e dell’accanimento contro il settore del gioco, quello che da subito hanno chiesto e sperato di ottenere le associazioni e gli operatori del comparto è un dialogo, un fronte aperto con il movimento politico. Ma niente, una richiesta mai soddisfatta. L’unico partito con il quale i rappresentanti del settore non hanno mai avuto il piacere di dialogare è proprio il M5S, che chiuso nel proprio guscio, ha portato avanti, negli ultimi anni, politiche di contrasto a un settore industriale con feroci inasprimenti della tassazione sul gioco. Una linea quella adottata dal M5S, portata avanti principalmente da Di Maio, è sempre stata ritenuta uno scempio dagli addetti ai lavori del comparto. Una linea che rischia di compromettere ben 3700 posti di lavori, che pur sfuggendo – com’è evidente – all’attenzione dell’opinione pubblica, rimane un cancro per l’industria e l’intero indotto che oggi sembra essere dichiarato incurabile. L’unica speranza di salvezza per l’industria del gioco è il Riordino del comparto che diventa sempre più l’unica soluzione all’annosa Questione territoriale.