L’insediamento del professor Mario Draghi a Palazzo Chigi rappresenterebbe una buona notizia per il comparto del gioco pubblico, secondo GiocoNews.it. In particolare, secondo quanto riportato sul quotidiano online, oltre al fatto che, “peggio di come stanno andando oggi le cose, non potrebbero andare”, questo tipo di cambiamento rappresenta comunque un “segno di discontinuità” e, quindi, “un passo in avanti e una nuova speranza”.
Inoltre “il nuovo premier, se confermato, potrà garantire è la massima concretezza possibile nella gestione di situazioni complesse, soprattutto quelle che hanno a che fare con l’economia. Con il gioco, quindi, che come ogni altro comparto potrà essere guardato e affrontato da un punto di vista tecnico, oltre che politico. Che è proprio quello che non è mai riuscito a fare il precedente governo Conte (sia il primo che il secondo), rinunciando a ogni tipo di analisi tecnico-politica e ricorrendo solo ed esclusivamente all’ideologia. Come dimostrano i tanti provvedimenti “punitivi” messi a punto dagli ultimi due governi nei confronti del settore: dal decreto Dignità alle varie manovre, che hanno imbavagliato il settore oltre a strangolarlo attraverso l’eccessivo ricorso alla leva fiscale, fino a decretare la chiusura totale di tutte le attività, durante la pandemia, senza alcuna analisi né condizione. Ma solo in virtù di un approccio ideologico e di una riserva mentale nei confronti del settore che ha finito col prevalere rispetto a quella di legge”.
Tuttavia il quotidiano rileva che, Mario Draghi nnon può certo essere considerato “in nessun modo vicino al settore del gioco né tanto meno si può ritenere favorevole o meno a questa industria”. “Ciò che conta, oggi più che mai, è guardare il comparto dal punto di vista economico, occupazionale e sotto il profilo dell’ordine pubblico. Cioè da un punto di vista tecnico, appunto. Con un occhio particolare rispetto ai possibili risvolti sociali o sanitari, non c’è dubbio, ma senza ricorrere all’ideologia o alla caccia alle streghe a cui abbiamo assistito negli anni passati, quando gli operatori del gioco venivano relegati al banco dei cattivi, senza alcuna possibilità di dialogo o di confronto”.
“Pur non potendo in nessun modo cancellare tutti gli errori e le storture commessi in precedenza, visto che un buon curriculum e una lunga esperienza, politica ed economica, non equivalgono a una bacchetta magica. Guardando ancora ai giochi, per esempio, non si può certo pensare che il nuovo premier incaricato spalanchi le porte alla filiera o metta al centro le sue istanze, perché non avrebbe alcun senso: ancor più di fronte alla lunga lista delle esigenze e priorità dell’intero paese. Perché il gioco continuerà sempre ad essere visto e considerato un settore “scomodo”, come accade ormai in qualunque altro paese d’Europa e del Mondo: e il semplice fatto di riuscire a considerarlo, prima o poi, alla pari di un altro settore, quindi in maniera “normale” sarebbe già un grandissimo risultato. E anche se non sarà Draghi a farlo, potrebbe essere il suo governo a gettare le basi per arrivare, un giorno, a questo obiettivo. Ma il percorso non sarà comunque semplice, visto lo scenario, nazionale e globale e tenendo sempre a mente il punto di partenza in cui si trova oggi il settore, che è molto più indietro rispetto a quello di ogni altro comparto. L’unica certezza, dunque, è che la materia potrà essere analizzata da un punto di vista tecnico, ed è già qualcosa.
Non per questo, tuttavia, ci si deve aspettare che a partire da domani riapriranno i locali da gioco per il semplice fatto di avere un nuovo governo. Chi ha buona memoria, del resto, ricorderà ciò che è già accaduto con i precedenti governi tecnici degli scorsi anni, con particolare riferimento a quello guidato all’ex premier Mario Monti: capace sì di valutare le situazioni da un punto di vista tecnico, ma riducendo al mimino i momenti di dialogo e di confronto istituzionale che più appartengono alla politica “vera” e ai governi che siano diretta espressione del popolo. All’epoca, infatti, è trascorso più di un anno prima di vedere assegnata la delega al gioco pubblico a uno dei sottosegretari all’economia, quando normalmente bastano pochi mesi per la suddivisione dei compiti e degli oneri, specialmente quelli di interesse del Mef, tra i quali il gioco è sempre rientrato, dal 2003 ad oggi. Con il rischio, dunque, che anche questa volta dovremo aspettare mesi prima di avere un interlocutore diretto per la filiera, ammesso che venga poi individuato. Solo in questo, dunque, l’uscita di scena del governo Conte 2 può rappresentare un passo indietro per il gioco pubblico, che perde così un referente a Palazzo Chigi, almeno per il momento, dovendo ripartire da zero. Nella speranza, però, che non si torni indietro nella gestione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, che durante la stagione dell’ultimo esecutivo aveva assunto un ruolo centrale nel sistema paese, raccogliendo tutti i buoni auspici della filiera in ottica futura, oltre alla totale fiducia di governo e istituzioni. Una buona base, anche questa, da cui ripartire e una piattaforma da sviluppare. Senza dimenticare, soprattutto, il tema del Riordino: un obiettivo che per un governo tecnico dovrebbe apparire molto più facilmente raggiungibile rispetto a qualunque altra compagine scaturita da una maggioranza – specie se “raffazzonata”, come quella dell’ultima legislatura – non dovendo preoccuparsi del consenso elettorale ma solo ed esclusivamente dei benefici che da quella riforma potrebbero e dovrebbero scaturire”.